E allora lo facevo, anche se silkepil e ceretta facevano un male cane e il prurito post lametta era insopportabile.
Lo facevo anche se lo vivevo come un atto di odio di sé, di rifiuto del mio corpo”
Il lungo posto della giovane continua così:
“Era una stigmatizzazione di una caratteristica in sé per nulla dannosa.”
“Era l’identificazione del mio corpo naturalmente florido (il mio ragazzo dice come una foresta, come un fiume), con qualcosa di sporco e maligno.”