Dopo Berlusconi
C’è un’Italia oltre Berlusconi. Altro che Renato Brunetta, il quale disse che Zalone “esprime in pieno la filosofia positiva, generosa, anticomunista, moderata, serena di Berlusconi”.
Zalone invece ha capito che un’epoca è finita, che l’Italia, nel bene e nel male, si è spostata oltre il totem attraverso il quale il paese si è raccontato per un ventennio.
Prendiamo il caso Albanese, nella sua straordinaria incarnazione di Cetto La Qualunque: una maschera di cui Checco Zalone ha sicuramente tenuto conto, persino più cattiva della sua, esemplata su un paese a forma di Cavaliere.
Ma è un ritratto dell’Italia dell’altro ieri, in cui si parla di politica, corruzione e pilu nei termini dell’era del satrapo di Arcore. Anche per questo al cinema ha funzionato fino a un certo punto. Perché gli italiani si sono stufati e cercano altro.
E quindi in Quo vado? Zalone salta a piè pari l’apparentemente inaggirabile convitato di pietra Berlusconi: mette tra parentesi il suo ventennio e parla di Prima Repubblica, che c’era prima di lui, e di una possibile Seconda, di cui si vedono i segni in una categoria di italiani nuovi, orgogliosi, poliglotti, palesemente migliori, Zalone lo sa, della sua maschera infingarda, i quali non sanno più che farsene di un dibattito incardinato sul Cavaliere (e nemmeno su Renzi, a cui Zalone assesta qualche colpo nella sua già epocale canzone La Prima Repubblica).
Togliendo di mezzo Berlusconi, insomma, fa capolino una parola che, ossessionati per due decenni dalla narrazione di un eterno presente, c’eravamo dimenticati pure come si scrivesse: futuro.